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"Viviamo in un mondo che pensa di stare bene chiudendo gli occhi e che crede di non lasciarsi ferire dalle immagini di chi scappa in mezzo al mare. Vogliamo fare nostra l'angoscia di queste persone e sentire su di noi il dramma di questa tragedia, accaduta tanto vicino a noi". Con queste parole Andrea Chiappori, responsabile di Sant'Egidio a Genova, ha ricordato le vittime del terribile naufragio di migranti consumatosi nell'indifferenza delle autorità pochi giorni fa nel Mediterraneo, al largo della Libia. Lo ha fatto in una preghiera ad essi dedicata, organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio lunedì 26 aprile nella Basilica dell'Annunziata. Alla celebrazione, a cui hanno preso parte circa 300 persone tra giovani liceali e universitari, ragazzi richiedenti asilo e semplici cittadini indignati dall'ennesimo dramma dell'immigrazione, hanno aderito anche l'Ufficio Migrantes della diocesi, la Caritas Diocesana e la Fondazione Auxilium. Si sono uniti nella memoria di 130 "persone, vite umane, che per due giorni hanno implorato invano aiuto, un aiuto che non é mai arrivato", come ha denunciato nell'Angelus di domenica 25 aprile papa Francesco, definendo questo come il "momento della vergogna". Eppure, di fronte a questi uomini e donne, vinti dalle onde del mare mentre cercavano un futuro migliore lontano dalle loro case, sembra ancora possibile guardare dall'altra parte e opporre un cuore freddo e indifferente. "La preghiera di questa sera vuole essere una grande domanda alla nostra società, a tutti noi: smettere di essere anestetizzati" - ha detto Andrea Chiappori. Solo così, cogliendo l'urgenza di questa sfida a cui tutti siamo chiamati, sarà possibile aprire vie di salvezza per chi fugge dalla propria terra in cerca di un futuro migliore.


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