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“In Senegal sono cresciuta con il sogno di combattere la povertà e stare vicino a chi soffre. Oggi sento che insieme questo sogno lo stiamo realizzando!” Ndey -giovane del gruppo della Fratellanza Umana della Comunità di Sant’Egidio di Genova- guarda commossa un gruppetto di ragazzi sudanesi, scappati dalla guerra. Sono di Khartoum e hanno negli occhi la paura per le loro famiglie, rimaste nel paese. Seduti in cerchio, mangiano dolci marocchini e raccontano le speranze del viaggio. Sono venuti in quaranta al momento di amicizia e di festa proposto dai giovani della Fratellanza Umana. Ndey sembra comprenderne profondamente la fatica, le attese, le paure.

Ndey, Kalifa, Yannik, e gli altri giovani della Fratellanza conoscono bene il peso di parole ostili, di sguardi di disprezzo, di porte chiuse. Forse per questo non hanno difficoltà a farsi vicino a chi abbandona la propria terra, cercando un approdo di pace. In questi anni i giovani della Fratellanza hanno imparato a dialogare con tutti, anche con chi ha idee e pensieri distanti dai propri. Insieme hanno scoperto mondi lontani, con le loro contraddizioni. Insieme hanno compreso di avere una forza, una forza debole ma incisiva: la forza del noi, la forza di essere un segno visibile di convivenza e di pace, capace di interrogare tutti, perfino una città intera. A Genova i giovani della Fratellanza ogni settimana incontrano gli anziani: quelli poveri e soli del Centro Storico e quelli che vivono in istituto. Adesso una nuova frontiera geografica e umana, quella con la Francia, dove centinaia di giovani coetanei restano bloccati per settimane, a volte per mesi, in condizioni di vita precarie.

Domenica 29 ottobre i giovani della Fratellanza hanno girato gli angoli periferici del piccolo borgo di Ventimiglia, per raggiungere i profughi. Sudanesi, eritrei, etiopi. Tutti scappati dalla furia della guerra, da dittature dal volto crudele. Tutti stupiti di incontrare giovani provenienti da Italia, Marocco, Camerun, Gambia, Senegal, Guinea Conakry, Uzbekistan, Mauritius. Cristiani e musulmani. “Cosa volete da noi? Perché siete qui?”. In tanti lo hanno chiesto, con una punta di diffidenza. La gratuità del farsi prossimi stupisce chi da mesi vaga cercando volti amici. Ma l’invito semplice a passare qualche ora insieme, parlando e trovando ascolto, condividere dolci preparati con cura, fare una sosta e riposare il cuore, aiuta a ritrovare le ragioni della speranza. Siddiq, giovane di 20 anni anche lui sudanese, ci benedice e ci ringrazia. “Non sapete quanto vale quello che oggi avete fatto per noi. Grazie! Spero di rivedervi tutti presto, Inshallah!”. E questo è quello che ci auguriamo tutti.




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