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Maurizio “Momo” Scala, 66 anni, vedovo, nonno di due bambine e da anni responsabile del servizio ai senza dimora della Comunità di Sant’Egidio a Genova é stato ordinato sacerdote sabato 27 novembre nella basilica dell'Annunziata. Per la celebrazione - presieduta dall’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi insieme all’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della pontificia accademia per la vita, e alla presenza di numerosi sacerdoti - si sono raccolte in un clima di grande festa quasi 500 persone, disposte ordinatamente nelle navate. Tra loro, oltre al fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi e al presidente Marco Impagliazzo, tanti amici, alcune delle persone che ricevono il pasto alla mensa della Comunità, i senza fissa dimora che don Maurizio incontra ogni giorno nel servizio serale.

Dopo aver contribuito a creare il gruppo della Comunità di Sant’Egidio a Genova, alla fine degli anni Settanta, Maurizio Scala ha saputo tenere insieme l’impegno accanto ai poveri, la formazione dei giovani, il supporto alla crescita dei gruppi di Sant’Egidio in altre città del Nord Italia. Anche la lunga malattia della moglie, che Momo ha curato in casa fino all’ultimo insieme alla figlia Valeria, non gli ha impedito di rimanere un riferimento per i giovani e gli adulti della Comunità in Liguria.

Negli ultimi anni, dopo essere rimasto vedovo, ha deciso di intraprendere il percorso sacerdotale. “La scelta di Momo - ha affermato il cardinale Zuppi - è arrivata in modo sorprendente, in una stagione della vita in cui generalmente contano di più i bilanci che i progetti, quando le ferite della vita sconsigliano grandi cambiamenti. spesso noi siamo come Nicodemo: non crediamo di poter rinascere, perché vogliamo capire tutto, prima di decidere, essere noi a scegliere, e non lo spirito il vento che ci investe”. E, descrivendo il nuovo sacerdote “sensibile, radicale e amabile, gioioso, divertente, fedele” lo ha invitato a continuare, da prete a guardare “con compassione la sofferenza delle folle alla quale non possiamo mai abituarci”.

Raggiante, don Maurizio, ha ricordato come la sua vocazione sia nata dalla lunga esperienza di incontro con i poveri insieme a Sant'Egidio: "vorrei tenere insieme il sacramento dell'altare con quello dei poveri - ha spiegato - perché essere sacerdote vuol dire per me fare sentire la vicinanza di Dio a tutti, soprattutto a chi sente il peso delle ferite della vita".

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